Il tempio della Compagnia di Gesù nel cuore della città
Dopo l’approdo a Sassari, nel dicembre del 1559, i Padri Gesuiti devono attendere circa vent’anni per porre mano al progetto della Casa Professa e Collegio di Gesù e Maria, delineato dal padre Giovanni Bernardoni, in stretto carteggio con il padre Giovanni de Rosis, responsabile delle fabbriche afferenti alla Compagnia. Le prime opere mirano ad accogliere i Padri Gesuiti in strutture provvisorie e al rilievo dell’area sulla quale, nei decenni a seguire, sorgerà la residenza loyolita. La fabbrica della chiesa vera e propria, oggi intitolata a Santa Caterina, ha inizio nel 1578, dopo un lungo contenzioso con la Curia Arcivescovile in merito alla concessione dei diritti di sepoltura nel nascente monumento e all’acquisizione degli immobili nell’area destinata al complesso. La chiesa gesuita sassarese fonde, con discreta armonia, elementi attinti dai linguaggi classicista e tardogotico; sincretismo ricorrente nella Sardegna cinque e seicentesca dove esempi analoghi, soprattutto su temi come le torri campanarie, le cappelle gentilizie o confraternali e i padiglioni sorretti da mezze crociere, caratterizzano tante architetture religiose. La commistione fra i vocabolari classicista e tardogotico trova, per altro, puntuali applicazioni in altre realtà del mediterraneo asburgico. Nella provincia di Castellón, parte settentrionale del Regno di Valencia, si trovano, ad esempio, molteplici applicazioni del modello adottato nella chiesa sassarese: l’ordine inferiore di marca classicista, segnato da austeri decori vignoleschi, sul quale domina una sequenza di ampie crociere tardogotiche a geometria semplice. Non mancano le soluzioni originali: la presenza di un largo transetto; un robusto padiglione all’incrocio fra navata e transetto; pennacchi a ghiere degradanti con dentelli e motivi vegetali. Su ambo i lati della chiesa, si aprono tre cappelle, comunicanti attraverso archi laterali, i quali delineano, nell’insieme, una pianta a tre navate. Una massiccia cornice modanata segna il piano di imposta delle volte e, con esso, il passaggio tra i due linguaggi caratteristici del monumento. La facciata, preceduta da una lunga scalinata, è suddivisa anch’essa in due ordini e scandita, in direzione verticale, da paraste a sezione quadrata fortemente aggettanti. Negli scomparti murari intermedi, trovano spazio un timpano triangolare, sorretto da colonne, modello per una lunga antologia di chiese sarde fino al pieno Seicento. La stessa soluzione caratterizza le tre finestre del secondo ordine: l’apertura centrale, di dimensioni maggiori, si pone come ideale pendant al portale sottostante. Il coronamento sommitale della facciata è costituito da un grande timpano semicircolare, affiancato da semplici profili curvilinei degradanti. Il profilo mistilineo del fronte introdurrà anch’esso un tema architettonico di grande successo in tutta la Sardegna fino al secolo XVIII.