Pala di Sant'Agostino

La pala, concordemente ritenuta dalla critica un prodotto della cosiddetta bottega di Stampace, il cui periodo di maggiore fioritura coincide con l’attività di Pietro Cavaro, alla data del 1861 si trovava nel chiostro della chiesa di San Francesco di Stampace a Cagliari, dove la vide il canonico Giovanni Spano. L’opera rappresenta un unicum rispetto alla produzione sarda della prima metà del Cinquecento, in quanto per l'incorniciatura lignea si abbandonano i canonici modelli tardogotici a favore di una tipologia rinascimentale italiana: di forma quadrangolare, è articolata in due montanti a pilastrino con terminale modanato e trabeazione con cornice terminale aggettante modanata con tori, gole e dentelli. Nelle specchiature lisce sono dipinti motivi a candelabra in oro su base azzurra. La parte pittorica, raffigurante Sant’Agostino che medita sul Crocifisso e sulla Madonna col Bambino, è incompiuta, ragion per cui il disegno tracciato sulla preparazione della tavola è rimasto in vista in corrispondenza del trono. La predella a fascia continua, in cui compare Cristo fra le sante Apollonia e Lucia, reca traccia della doratura delle aureole e una prima stesura di colore nel manto di Santa Apollonia, mentre il resto della tavola mostra la preparazione a gesso e colla e il disegno sovrammesso. La cifra pittorica è stata ricondotta alla mano di Pietro Cavaro o di suo figlio Michele o del lavoro congiunto di Pietro e Giuliano Salba. Per quanti sostengono la paternità di Pietro, i lavori sarebbero stati interrotti in seguito alla sua morte (1537) o anche per lo scarso favore incontrato da una cornice e un impianto compositivo non tradizionali rispetto al gusto corrente ancora orientato per gran parte del XVI secolo sul linguaggio tardogotico. Nella trabeazione della cornice, in corrispondenza dei pilastrini montanti, sono due scudi intagliati a bassorilievo: quello a sinistra è muto mentre in quello a destra compare un granchio. In ragione del ricorso ai modi rinascimentali, della inconsueta iconografia e dello stemma (in sardo granchio si dice cavuru) è stato proposto che la commissione della pala risalga a un prelato che ben conosceva gli scritti del santo dottore della chiesa, da identificare in Antonio Cavaro, fratello di Pietro, nel 1556 nominato vescovo di Bosa.

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