Ritraggono orgogliosamente i cavalli del duca Enrico Pandone, simbolo e strumento del suo prestigio
Il ciclo di affreschi, forse attribuibile ad una bottega napoletana, ritrae i cavalli posseduti dal conte di Venafro, Enrico Pandone, e ricopre le pareti delle stanze del piano nobile del Castello. Dalle epigrafi dipinte si desume che sia stato compiuto negli anni Venti del Cinquecento. La tecnica impiegata fa risaltare non soltanto gli animali stessi, ma anche i vari ornamenti, e il ciclo pittorico si contraddistingue per l’effetto illusionistico della rappresentazione, resa attraverso il dosaggio efficace della luce che si deposita sui vari elementi figurativi. Anche la passerella su cui poggiano i cavalli, inclinata verso l’osservatore, contribuisce a conferire alle immagini un chiaro effetto di tridimensionalità e di illusorietà spaziale. Gli animali sfilano sulle pareti alla stregua di veri e propri uomini illustri: la loro nobiltà è esibita e legittimata dalla presenza di un’iscrizione dipinta, che, per ciascuno di essi, ricorda la razza, il nome, l’epoca dell’esecuzione. In alcuni casi sono stati riportati anche i nomi degli illustri personaggi cui i cavalli sono andati in dono, fra cui l’imperatore Carlo V. Il ciclo si presenta con ampie lacune e in più parti deteriorato, forse a causa degli interventi della famiglia Lannoy, successori dei Pandone nel possesso del feudo di Venafro.
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Enrico Pandone
Figlio del conte di Venafro e di una principessa aragonese, si imparentò anche con la potente casa Acquaviva d’Aragona, sposando una figlia del marchese di Bitonto