Enrico Pandone

Conte di Venafro condannato a morte per tradimento, rese il castello della città una ricca dimora signorile, dove far sfoggio dei suoi pregiati cavalli

Figlio del conte di Venafro e di una principessa aragonese, s’imparentò anche con la potente casa Acquaviva d’Aragona, sposando una figlia del marchese di Bitonto. Nonostante le difficoltà economiche, la coppia continuò a mantenere e mostrare un profilo nobiliare di alto spessore. La committenza di Enrico riguardò soprattutto la ristrutturazione del castello di Venafro, trasformato in elegante sede della corte feudale, e la sua decorazione con un magnifico ciclo di affreschi raffiguranti i cavalli di famiglia, vera e propria ossessione del conte. Servì inizialmente la Corona asburgica, in occasione del tentativo d’invasione del Regno da parte dell’esercito francese, guidato dal duca d’Albania, e partecipò alla vittoriosa battaglia presso porta San Paolo, a Roma. Tuttavia, durante la successiva spedizione del visconte di Lautrec decise di sostenere le armi francesi, e fu per questo catturato a Venafro, subendo la confisca dei beni e la decapitazione.

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