Vibo Valentia

Calabria

La splendida capitale feudale dei Pignatelli

Vibo sorge sul declivio di un colle di fronte il golfo di Sant'Eufemia. In posizione strategica, la città, con il suo porto, è punto di raccordo tra la piana di Sant'Eufemia, la piana di Gioia Tauro e le Serre Calabresi. Era oltretutto attraversata dalla strada consolare, nota come Popilia-Annia, che si snodava dall'Appia all'altezza di Capua e proseguiva fino a Reggio Calabria, e che fu un’arteria importante anche durante il Medioevo.

Il primo insediamento nell’area fu la colonia locrese di Hipponion, poi sostituita dalla romana Valentia, che aveva anche il nome, probabilmente d’origine osca, di Vibo/Vibona. Tra il IX e X secolo, a seguito delle incursioni saracene, parte della popolazione abbandonò la stretta fascia costiera e cercò rifugio sulla collina retrostante. La “rinascita” della città si fa usualmente risalire all’azione all’intervento di Federico II di Svevia, che ribattezzò il nuovo centro col nome di Monteleone.

Nel Quattrocento, nonostante la posizione favorevole, la città non risulta particolarmente fiorente, ma nel corso del Cinquecento, in seguito all’affermazione della signoria feudale della famiglia napoletana dei Pignatelli, si assiste invece a un progressivo aumento della popolazione e a un deciso sviluppo economico.

Figura chiave è certamente quella di Ettore Pignatelli, che all’inizio del Cinquecento riuscì a ottenere il dominio della città, fino ad allora afferente al demanio regio, prima col titolo di conte e poi con quello di duca. Potente viceré di Sicilia sotto Carlo V d’Asburgo, ma dotato di aggiornata sensibilità artistica e solida cultura umanistica, rese infatti Monteleone la sua “capitale feudale”, ristrutturando o fondando edifici, come il complesso conventuale di Santa Maria di Gesù o quello di San Domenico, in sinergia con l’azione degli ordini religiosi. Egli ingaggiò inoltre artisti del calibro di Antonello Gagini, possedeva una ricca biblioteca e riunì nella sua corte diversi intellettuali, come Antonio Sebastiano, detto il Minturno.

In questo stimolante clima culturale, Monteleone conobbe anche un precoce fenomeno di collezionismo privato nella straordinaria figura di Galeazzo Capialbi, che nel 1514 aveva allestito, all'esterno del suo palazzo, un numero consistente di antichità (sculture ed epigrafi), probabilmente provenienti dall'antica Valentia.

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