Basilica concattedrale di Maria Santissima di Romania
Il volto normanno di una storia artistica più ampia
Probabilmente fondata nell’XI secolo e ricostruita nel XII, la concattedrale sorge sul sedime di una preesistenza bizantina, nella parte settentrionale della rupe di Tropea, prima occupata da un cimitero paleocristiano, su cui crebbe il centro medievale della città. Il suo aspetto odierno è stato fortemente condizionato dagli interventi di restauro stilistico di inizio Novecento, che hanno rimosso gran parte delle modifiche alla struttura architettonica introdotte in età moderna, documentate solo frammentariamente dalle fonti.
Le due consacrazioni della cattedrale nel 1496 e nel 1576 documentano, probabilmente, il compimento di alcuni lavori di rinnovamento. Sul fronte principale, il portale a finto protiro archiacuto è sormontato da un oculo cinquecentesco, che illumina lo spazio interno. La pianta basilicale a tre navate è scandita da archi a sesto acuto di diversa ampiezza. A lato della navata destra sono collocate numerose cappelle, che accolgono sepolcri e monumenti realizzati su iniziativa di esponenti delle élite politiche e culturali della città. Spicca tra questi vani il sacello a croce greca, con accesso prossimo al presbiterio, dedicato prima a Santa Domenica, poi al Santissimo Sacramento, e ricostruito nel primo Settecento.
Alla realizzazione seicentesca del campanile fece seguito infatti, alla fine del secolo successivo, un complesso di lavori per aggiornare sul piano ornamentale la basilica. Dopo il sisma del 1783 si resero necessari numerosi restauri, comunque superati dal radicale ripristino che seguì ai terremoti del 1905 e del 1908, cui risale il rifacimento della configurazione delle tre absidi del coro, con un nuovo profilo e una maggiore profondità.
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Statua della Madonna del Popolo
a statua, ubicata a destra dell’area presbiteriale, è tra le opere certamente attribuibili a Giovan Angelo Montorsoli, raffinatissimo scultore apprezzato da Michelangelo
L’opera fu commissionata nel 1598 da Giuseppe Galzerano, membro della nobiltà locale di Tropea, allo scultore messinese Pietro Barbalonga per l’altare della cappella di famiglia
Le caratteristiche della tomba rientrano in un modello molto diffuso a Napoli già nel periodo angioino, perdurate anche in età aragonese e nei primi decenni del Cinquecento.
Il sepolcro, che si trova nella seconda cappella sulla navata laterale destra della cattedrale, fu commissionato da Antonello Galluppi, barone di Cirella, Ioppolo e Coccorino, per i cinque figli premortigli.
Il tabernacolo, posto dinanzi all’abside sinistro in corrispondenza dell’altare dedicato a San Giuseppe agonizzante, è stato commissionato nella seconda metà del Quattrocento da Pietro Balbo, vescovo di Tropea di origine pisana
Non sono note le date di nascita e di morte di questo personaggio, membro del patriziato cittadino, la cui prima menzione documentaria nota è rappresentata dalla committenza del rilievo della Natività per la propria cappella.
Appartenente al ramo pisano di una nota famiglia del patriziato veneziano, iniziò i suoi studi a Padova, proseguendoli a Mantova sotto la guida di Vittorino da Feltre.
Famiglia stabilitasi in diversi centri della Campania, così come a Nicotera, in Calabria. Da qui, nel 1568 un Gilberto Romano trasferì la sua residenza a Tropea